venerdì 3 maggio 2013

Processo Arkeon: I testimoni della Tinelli cap. 4


Conclusione (prima parte)


Le testimonianze analizzate negli ultimi post avevano lo scopo di evidenziare come la campagna prima mediatica e poi giudiziaria, condotta dalla "Presidente Nazionale" del CeSAP Lorita Tinelli contro Arkeon, era negligentemente basata su testimonianze improbabili, storie contraddittorie, frottole evidenti e testimoni inattendibili.

Come da modus operandi degli anti-sette radicali, la Tinelli si è limitata a prendere per buona ogni testimonianza contro Arkeon (che immancabilmente inviava alla Procura di Bari [1]), senza fare le dovute verifiche, o usare almeno il semplice buon senso, dimostrando così l'utilità di un "Centro Studi" che non studia niente (e poi sostiene di "Promuovere e coordinare attività di ricerca e di studio").

Impegnata in una guerra personale contro Arkeon e a dimostrare la validità del suo "allarme sette", più erano eclatanti le (poche) storie che riceveva, con più entusiasmo la Tinelli le convalidava passandole alla stampa.

Il risultato è stato un processo-fenomeno sociale sorprendente. Chi lo ha seguito in modo distratto dai titoli dei giornali, stenterà a immaginare le mille sfaccettature e i paradossi logici che ha proposto. Chi invece si è avvicinato, anche per caso come chi scrive, al bordo di questo "baratro" per approfondire la vicenda, finisce per essere risucchiato da un vortice di storie, eventi, personaggi e leggende affascinanti e al tempo stesso inquietanti. È una sarabanda che ha il pregio di gettare una flebile luce sulla complessa natura dell'animo umano, dato che il processo è stato un palco che ha visto alternarsi personaggi a rappresentare sé stessi, il proprio vissuto e la propria dignità. Talvolta, come abbiamo visto, con esiti impietosi.

Benché abbiano ridefinito il concetto di coprirsi di ridicolo, le deposizioni esaminate nei post precedenti non erano le più bislacche, e quindi le più efficaci a dimostrare i pregiudizi del "Forum anti-sette". Le testimonianze più idonee erano quelle di tre "maestri" di lungo corso, C. F., P. P. e la moglie E. F., ma le ho tralasciate di proposito. Il motivo è semplice: c'è un limite a tutto.

(Su uno di questi "maestri" avrei comunque soprasseduto dato che si è tolto la vita; una tragedia a cui non può risultare estraneo chi ha sfruttato le sue evidenti difficoltà, istigandolo ad assumere un ruolo quantomeno imbarazzante [2].)

Nel caso di questi 3 "maestri", si tratta di testimoni e di testimonianze così avvilenti da risultare irritanti, per cui ho scelto di evitare un fastidio al lettore e l'orticaria al sottoscritto. Anche perché è una mancanza compensata dai resoconti già esaminati, sufficientemente rappresentativi del materiale e dei testimoni su cui è stato costruito prima il "teorema Tinelli", poi l'aggressione mediatica e infine il processo.

Dalle carte processuali emerge con chiarezza che i testimoni d'accusa legati al CeSAP, sia quelli esaminati che quelli trascurati, sono apparsi particolarmente infervorati e caratterizzati da una animosità [3] che è andata a discapito della lucidità, e compongono un insieme omogeneo: forniscono testimonianze che hanno il valore dei resoconti di chi sostiene di essere stato rapito durante il sonno e trasportato su un'astronave aliena.

Questo porta a chiedersi cosa possa averli indotti a testimoniare di aver subito vessazioni risultate inesistenti, a cui danno motivazioni inverosimili.

Contagio dichiarativo, suggestione indotta dall'autorità, falsi ricordi, insicurezze personali, fantasie patologiche, istinto gregario, opportunismo, desiderio di rivalsa. Come evidenziato nella motivazione della sentenza, è certamente una pluralità di fattori che li fa sembrare i componenti di un cast di Fellini, ma il dato che emerge prepotentemente dall'insieme delle loro deposizioni - che sono pubbliche e chiunque può alzare il sedere per procurarsele come ha fatto il sottoscritto - è lo sconfortante quadro umano complessivo di queste presunte vittime di una psicosetta che esiste solo nel mondo della Tinelli.

Con l'esclusione della Monaco che, benché sia un'accusatrice veemente, in questa compagine è un'anomalia (e con l'esclusione di C. C. e di G. B.; vedi nota 3), i testimoni dell'accusa appaiono in genere una umanità dolente in balia delle avversità quotidiane. Individui poco dotati, che assistono alla vita aggrappati alla rete di recinzione, con un bilancio fallimentare nell'ambito professionale, affettivo, sociale.

La cozza angosciata dallo spettro dello zitellaggio, l'ex tossico assediato dai debitori, lo sfigato che non la vede neppure col decoder, il frustrato invidioso dell'amico con la Mercedes coupé, il consulente famigliare eroinomane [4], l'inetto che dissipa l'eredità, l'architetta assediata dalle sue fobie, la madre nevrotica che tratta come un bambino il figlio trentenne, la pedagogista dalla personalità meschina.

A questo drappello di sconfitti non deve essere sembrato vero quando, catechizzati dalla dr.ssa Lorita Tinelli, si sono trovati con la possibilità di attribuire le loro quotidiane disgrazie a una ipotetica psicosetta che li avrebbe plagiati. Una sorpresa che dà sollievo, ancor più gradita perché mai immaginata [5], a cui si sono aggrappati come dei naufraghi alla ciambella di salvataggio, perché li fa sentire vittime e non responsabili dei loro fallimenti.

La superstizione ideologica del plagio va accettata come un dogma di fede, e per chi è disposto a crederci offre dei vantaggi che a qualcuno possono apparire allettanti: essere assolti da ogni responsabilità personale e lo status di vittima che porta con sé un po' di compassione.

Assistiamo così, con il passare del tempo, a un continuo accatastarsi di nuove accuse. Al malvagio "guru" viene imputato di tutto, anche l'inverosimile: dai comuni screzi coniugali, al marito che si mette con la migliore amica della moglie; dalla piccola attività che non decolla, al ritrovarsi spiantati senza un soldo dopo uno sperpero dissennato; dallo stato di disoccupazione della zitella stizzosa, alla laurea che a 48 anni ancora non arriva. Persino il ricovero psichiatrico dopo un abuso di stupefacenti.

E una volta che inaspettatamente viene offerta la possibilità di sentirsi innocenti, poco importa che la narrazione sia piena di contraddizioni e illogicità come le testimonianze di abduction. Hanno afferrato una speranza di riscatto sociale, e non la mollano a dispetto del buon senso e della propria reputazione. Nonché della dignità: c'è chi è arrivato a rinnegare l'amico fraterno che ha fatto da testimone al matrimonio, da padrino ai figli, e con cui si è condiviso per anni le vacanze, compresi i viaggi in barca tra cui anche il viaggio di nozze di due settimane, addebitandogli infamanti accuse inesistenti.

Quando si scopre da chi è composta questa schiera di mancati rapiti dagli alieni, si comprende come mai siano così in pochi - una decina tra le oltre "diecimila vittime" secondo la Tinelli - a lamentare le improbabili angherie della "pericolosa psicosetta": solo una desolante pochezza umana può portare qualcuno a sostenere con vigore l'insensato e a indicare in un "guru" l'inverosimile responsabile di ogni rovescio subito nella vita.

L'intero iter giudiziario e la campagna accusatoria della dr.ssa Lorita Tinelli, si sono basati sulle accuse di persone che avendo (come ebbe a dire Maria P. Gardini di sé stessa) "un bilancio in rosso" della propria vita, si sottomettono al principio di autorità per abbracciare il dogma del "plagio" [6], un concetto che sta alla scienza come le fesserie proposte da Giacobbo nella trasmissione Voyager.

Si tratta di sventurati - ribadisco: con l'esclusione della Monaco [7] - che suscitano pena [8], ma non sono i principali responsabili di una campagna colpevolmente basata su pettegolezzi talvolta disgustosi.

Così com'è dannoso che certe denominazioni cristiane allontanino i seguaci dalle terapie mediche, allo stesso modo è dannoso propagandare stravaganti teorie pseudoscientifiche, che al pari della fisiognomica si sono dimostrate infondate. Ed è impensabile che a farlo sia un "Centro Studi" che sostiene di "Partecipare attivamente allo sviluppo della scienza". Quella stessa scienza al cui sviluppo partecipa Voyager, viene da pensare.

Vediamo un esempio di questa nocività. Nel 2006, la Tinelli interviene come esperta alla popolare trasmissione "Tutte le mattine" condotta da Maurizio Costanzo, dove descrive Arkeon come una pericolosa psicosetta, una banda di "persone subdole", dei truffatori capaci di plagiare ricorrendo a "tecniche sottili, pre-organizzate, pre-programmate". Il risultato, spiega l'esperta, di queste "terapie folli" praticate da "folli maestri" è che dei partecipanti ai seminari di Arkeon "hanno tentato il suicidio a seguito di questi sconvolgimenti emotivi". Una tragedia a cui sommare tutte le "persone che non hanno più contatti con i propri figli, coppie che si sono separate dopo questi percorsi, gente che racconta di abusi sessuali subiti", ecc.

Di fronte a una rappresentazione così drammatica, è logico che vi sia stato chi, non sapendo niente di questo gruppo, si è molto preoccupato per un famigliare o un amico seguace del metodo Arkeon. Chi non lo sarebbe?

Ed ecco che qualcuno, che fino a un minuto prima riteneva l'adesione ad Arkeon del proprio congiunto un fatto insignificante, spaventato da questi spropositi, scrive al CeSAP chiedendo aiuto:
Subject: aiuto

Mio fratello e sua moglie fanno parte dell'Arkeon. Come potete aiutarci a farli uscire da questa setta? Potete darci informazioni sull'Arkeon? Potete metterci in contatto con le ex-vittime per capire come possiamo aiutare mio fratello e sua moglie ad uscirne? Loro sono troppo dentro l'Arkeon! Aiutateci! Collaboriamo per combattere questo male!
E il giorno seguente insiste con una seconda e-mail:
Sono un'educatrice e ho un fratello che fa parte dell'Arkeon. Vorrei collaborare con voi per sconfiggere questa setta. Aspetto vostre notizie. Nell'attesa di conoscervi, cordiali saluti
C*** Bari
(Pagina 7 del "dossier Tinelli" con le 2 e-mail appena citate)

Queste due e-mail mostrano con chiarezza che nel fratello e nella cognata la mittente non riscontra alcun problema. Non segnala un distacco dalla famiglia o dagli amici, né qualche sintomo di abusi subiti, o uno qualsiasi dei tanti effetti nefasti che secondo l'esperta di sette colpirebbero chi è succube dei "folli maestri" di Arkeon. Potenza della televisione: ha sentito l'esperto da talk-show affermare che Arkeon è una consorteria di criminali, comprensibilmente si preoccupa per la sorte del fratello, e così cerca di evitare una catastrofe. È un comportamento lodevole - il suo. Da condannare è chi presentandosi come persona competente straparla di follie, sconvolgimenti emotivi, separazioni e suicidi che - sentenza alla mano - esistono solo nella sua fantasia.

Si potrebbe vivere tanto tranquilli, e invece c'è sempre qualcuno che deve salvare il mondo.

Queste due e-mail fanno parte del "folto dossier" raffazzonato dalla dr.ssa Lorita Tinelli, contenente 31 "testimonianze raccolte dal CeSAP nel corso degli ultimi anni" [9]. Nella nota introduttiva, la Tinelli specifica che "Tutte le persone menzionate in questo dossier hanno raccontato esperienze di truffa e abuso della professione." (Vedi immagine qui sotto.)

Si ripropone quindi il quesito "la Tinelli c'è o ci fa?" incontrato più volte su questo blog (qui, qui) come su altri (qui). La testimonianza appena esaminata non testimonia né di truffe, né di abuso della professione, né di nient'altro. Testimonia unicamente i danni causati dalle allarmanti ma infondate dichiarazioni della presidente del CeSAP Lorita Tinelli, il cui grado di attendibilità rende ancor più calzante il calambour: CESAP, Centro EStetico Acconciatore Pino.

La nocività di questo sciagurato allarmismo merita un ultimo esempio che vedremo nel prossimo capitolo.

(continua)




Note:

1) Il tanto sbandierato "dossier su Arkeon", frutto (insieme all'inqualificabile "studio attento e puntuale") di un decennale lavoro di ricerca della Tinelli, non è che la mera raccolta (senza che venisse svolto alcun studio in merito) dei racconti che di tanto in tanto pervenivano al CeSAP da un famigliare in conflitto con un proprio congiunto seguace del metodo Arkeon o da ex partecipanti divenuti ostili al gruppo, inviato per fax al pm Bretone.

2) Nella motivazione della sentenza, a pagina 573, il collegio giudicante ritiene che possa esserci stato chi ha ritenuto che fosse "immorale andare a censurare" ciò in cui in precedenza si è creduto e valutato positivamente.

3) Ad eccezione di C. C. e di G. B., dalla corte valutato un "teste sereno" (pag. 707), che sono apparsi entrambi equilibrati e ragionevoli.

4) Vizio che aveva perso quando iniziò a frequentare Arkeon, per poi ricadervi dopo essersene allontanato, tanto per ricordare che "nessuno dei frequentatori dei seminari resta indenne" dal "metodo Arkeon", come sostiene la Tinelli nel suo "studio attento e puntuale" (pag. 23)

5) Sentendo parlare di plagio e di setta, la reazione iniziale è di disaccordo, come testimonia E. F. in tribunale:
la prima reazione è stata di incredulità. Ho detto: “Ma come una setta? Io ci sono stata dentro fino adesso, figuriamoci!”, poi però ho detto: “Va bè, se non altro vado a informarmi su che cos’è una setta”. Allora ero andata su diversi siti...
E così la "Maestra di Arkeon" (e quindi "guru") E. F. scopre il CeSAP, e con la razionalità di un tacchino capisce che per un decennio è stata una "vittima", trasformandosi in una delle più accanite (e improbabili) accusatrici di Arkeon.

6) Dalla testimonianza di G. Monaco scritta su richiesta della Tinelli per il dossier da consegnare all'Autorità Giudiziaria: "se, con l'aiuto del Cesap, non avessi scoperto in che pasticcio ero finita."

7) Benché le gravi accuse della Monaco siano risultate non credibili e il "maestro" da lei accusato sia stato assolto, nel corso degli anni la Monaco ha mostrato una sua correttezza di fondo che - diversamente da altri - l'ha portata a non rendere più gravi col passare del tempo le sue accuse; dopo averle formulate non ha ceduto alla facile tentazione di enfatizzarle gonfiandole. Inoltre ha sempre fatto uso di una terminologia misurata, senza scadere nel patetico vittimismo che caratterizza il narrato degli altri principali testimoni d'accusa. Benché non si comprenda come possa credere in ciò che va denunciando, la Monaco è l'unica testimone che appare sinceramente convinta di avere subito degli abusi e non un'opportunista in cerca di un riscatto sociale di cui non sembra neppure necessitare.

8) Sono loro stessi che si prodigano per suscitare la pietà generata dalle sofferenze altrui, mostrando senza pudore quello che dovrebbe essere - se sincera - una sofferenza estremamente intima e riservata qual è un tentato suicidio:
E. F.: "Io ho pensato più di una volta al suicidio."

Domanda:"Lei ha avuto qualche volta il pensiero di suicidarsi?"
F. S.: "Mi è venuto due volte. [...] mia moglie mi ha fermato, perché volevo buttarmi giù dal terzo piano"

Domanda: "Volevo sapere solo se ha pensato al suicidio?"
S. G.: "Sì, in quel momento avevo paura di combinare qualche disastro, di farmi del male"

G. Monaco: "io sono dieci anni che ho la vita distrutta e quindi, o mi ammazzavo, cosa che ho pensato più volte di fare" (audizione al Senato)
9) Nella realtà sono quasi tutte (23 su 31) del 2006, a seguito delle sue partecipazioni televisive. Delle restanti 8, due non sono testimonianze su Arkeon e un po' tutte meriterebbero delle precisazioni che verranno illustrate in un apposito post.